Anthony Ausgang, Danse, 2011, Acrilico Su Tela, 71×101 Cm

2.12.2011 – 5.02.2012

ANTHONY AUSGANG – AAA Attention Ausgang

a cura di Luca Beatrice

Un’ulteriore ondata di freschezza, energia e vitalità caratterizza la nuova mostra organizzata dalla galleria di Antonio Colombo.

Dal 2 dicembre lo spazio espositivo milanese sarà animato dalle opere pittoriche, scultoree e non solo, del visionario Anthony Ausgang, tra i principali esponenti del Pop Surrealism made in USA (movimento noto anche come Low Brow) alla sua prima personale in Italia dal titolo AAA Attention Ausgang! (Mondo gatto).
Le opere di Ausgang sono espressione di un più attuale e fortunato codice stilistico che, nato dal basso, dal mondo dello skateboard, delle automobili customizzate e dalla musica rock, si è affermato, soprattutto nella West Coast americana, nel sistema dell’arte, partendo dalle gallerie alternative fino a giungere ad importanti collezioni private e pubbliche.
La contaminazione, la mescolanza tra mondi diversi, arte, musica, disegno e cartoon sono il segno distintivo dei suoi lavori, in particolare quelli presenti in mostra: dipinti, edizioni limitate e sculture multiple.
I suoi personaggi – veri e propri antagonisti degli amabili soggetti disneyani, primo fra tutti il “malefico” gatto allucinato – prorompono sulla tela in azioni rocambolesche, in gesti diabolici ma altrettanto ironici.
Non è lontano dal suo dipingere il mondo dei fumetti; i suoi protagonisti sono rappresentati sempre in movimento, in una narrazione frizzante e veloce, finalizzata -come lui stesso afferma- al tentativo di spiegare attraverso la figurazione in cartoon la condizione umana.
I colori contribuiscono a rendere la scena dinamica e psichedelica: campiture di rossi e arancioni si stagliano su cieli azzurri intensi, spirali di cromie accese – verdi, gialli, viola – disegnano i contorni di figure paradossali.
Non mancano nel suo curriculum collaborazioni con le aziende e con il mondo della pubblicità – per lo più design per concept store – e con la scena musicale contemporanea: è infatti firmata Ausgang la cover del nuovo album della band newyorkese MGMT, Congratulations, dove il mitico felino cavalca terrorizzato, con la sua tavola da surf, le acque minacciose di una gigantesca onda.
Nell’ultimo periodo un nuovo soggetto occupa la scena nei suoi lavori: una scarpa con il tacco a spillo munita di ruote che Ausgang fa emergere nelle pitture o che trasforma in una colossale scultura.
Alla base della sua ricerca espressiva- come lui stesso dichiara nel Manifesto pubblicato sul suo sito (www.ausgangart.com) – sono la televisione e in particolare i cartoni animati degli anni ’60 che da ragazzino, ricorda, guardava in salotto insieme alla sua famiglia. E aggiunge: “Come il giovane Butch in Pulp Fiction, tutti siamo stati messi davanti alla televisione a guardare i cartoni animati e sin da allora la Pop Art ha cacciato dal salotto di Peggy Guggenheim gli Espressionisti Astratti; quella guida tv divenne psichedelica e colpì con vere allucinazioni gli schermi della Middle (class) americana”
In concomitanza della mostra, un evento eccezionale si terrà nel cuore di Milano.
Per tutto il periodo natalizio, a partire dal 1° Dicembre, tutte le vetrine della Rinascente affacciate su Piazza del Duomo saranno animate dall’esplosiva creatività di Anthony Ausgang. L’artista realizzerà differenti installazioni a tema “felino natalizio” che liberamente interpretano il titolo “What I want for Christmas?”.
Gattoni alle prese con nastrini e pacchi regalo, micie ammiccanti alla guida di una shoe-car, catwomen bramose di borsette e tacchi a spillo all’ultimo grido, felini ingordi di torte sommersi tra alberi di natale e sfere stroboscopiche saranno i protagonisti delle fantasiose installazioni che l’artista americano realizzerà per celebrare e dare inizio, con ironia e divertimento, al Natale milanese del famoso department store (Art Direction by Independent Ideas).
In occasione della mostra sarà pubblicato un catalogo bilingue (italiano/inglese) con testo di Luca Beatrice.

Anthony Ausgang è nato nel 1959 a Trinidad e Tobago. Vive e lavora a Los Angeles.
Ha esposto in diverse gallerie internazionali: Zero Art Gallery di Houston (Texas) con cui ha esordito; Luz de Jesus, Kantor Gallery e Merry Karnowsky Gallery di Los Angeles.
Tra le più importanti pubblicazioni, “Pop Surrealism: The Rise of Underground Art”, Ignition Publishing/Last Gasp, 2004.
Tra i suoi principali collezionisti: David Arquette, Nicolas Cage, Perry Farrell.

Mondo Gatto            

di Luca Beatrice

Se immettiamo in un motore di ricerca le seguenti due parole “mondo cane” vengono fuori contenuti completamente diversi. Una prima indicazione suggerisce prodotti, informazioni, consigli riguardanti l’universo sul più fedele amico dell’uomo. Un’altra invece si riferisce al titolo di un film del genere “docu-drama” (mix non si sa quanto impastato di realismo e finzione) con cui esordì alla regia, nel lontano 1962, il giornalista italiano Gualtiero Jacopetti. “Mondo Cane” (che nella nostra lingua funziona anche da imprecazione o “moccolo”) procurò un autentico scandalo –più autentico delle terribili sequenze ivi contenute- perché mostrava le atrocità più efferate, molte a sfondo sadico-sessuale, consumate in diverse parti del pianeta. Vero o falso? Non si è mai capito fino in fondo. Da lì la moda, non troppo duratura, dei cosiddetti “Mondo Movie”, ovvero il peggior sottogenere mai espresso dal cinema popolare, anticipatore di un’altra branchia famigerata, gli “Snuff Movies”.  Per chi è abituato a considerare il cane quale massima espressione della mitezza e dell’affidabilità, il trauma è servito. Ecco spuntare terrificanti visioni di rotweiller, doberman, sanbernardi impazziti come il Cujo di Stephen King e altre bestiacce con la bava alla bocca. Meglio tenersi lontani, dal cane e dal suo mondo.

Tra gli amanti degli animali domestici, peraltro, esiste una diatriba che investe due caratteri radicalmente opposti. Chi ama il cane difficilmente adora il gatto. Mentre il primo dipende dal suo padrone, il secondo padroni non ne ha. Luogo comune vuole anzi che il gatto si rivolga all’uomo soltanto per il bisogno primario, quello del cibo. E’ vero, il gatto ama il caldo, le carezze, la pigrizia di un comodo salotto borghese, ma sotto sotto è ingestibile, imprevedibile, traditore e infido, un cacciatore che non ha mai sopito l’istinto primario della “wilderness”. Basti pensare alla differenza di trattamento cui i cartoni animati per bambini riservano a cani e gatti. I prototipi canini nelle stripes di Walt Disney sono Pluto, il bracco arancione compagno di Topolino, fedele e affettuoso combina guai, e Pippo (in inglese Goofy), anche lui amico di Mickey Mouse, smemorato, tontolone, molto simile a un ragazzo cresciuto più in altezza che nel cervello. Nell’universo disneyano, invece, i felini sono rari, a parte il bellissimo film “Gli aristogatti”, appartenente a quelle serie di lungometraggi dove gli animali sono completamente antropomorfizzati. Né va dimenticato il diabolico Lucifero, grasso figlio di puttana, inesausto cacciatore di topi,  mano armata della perfida matrigna e delle sorellastre di “Cenerentola”.

Nei cartoon, insomma, il gatto recita il ruolo dell’individuo inseguito dalle ossessioni, come il fantastico nevrotico Silvestro (Sylvester J. Pussycat Senior) disegnato da Friz Freleng nel 1945, protagonista in molte puntate dei Looney Toones e Merrie Melodies, che ha quale unico scopo della sua esistenza il tentativo di catturare e mangiarsi l’uccellino Titty oppure il velocissimo topo Speedy Gonzales. Nei suoi folli inseguimenti all’eterno rivale, nelle sue frustrazioni da insuccesso, leggiamo la proiezione dell’uomo moderno in chiave evidentemente psicanalitica.

Peraltro i disegni animati hanno contribuito a sfatare la diceria sul gatto nero portatore di sfortune e disgrazie, eleggendo Felix a personaggio popolare e benvoluto già nel lontano 1919, ben prima dei successi di Walt Disney e dell’avvento del sonoro.

Ancora al gatto è affidata la metafora della rivoluzione sociale e culturale con Fritz, inventato da Robert Crumb e diventato film nel 1972, il primo cartone per adulti su temi piuttosto forti quali il sesso libero, le droghe, la rivoluzione. Anticipatore nei toni della famiglia Simpson, Fritz diventa un eroe underground del politicamente scorretto, che da almeno mezzo secolo affonda le sue radici nella West Coast californiana.

Quello di Anthony Ausgang è un “Mondo Gatto” che non conosce altri personaggi né interlocutori. Tutto ciò che accade nei suoi coloratissimi dipinti, nei suoi disegni, nelle sue decorazioni e nelle customizzazioni di oggetti, gira attorno al cosmo felino. Il gatto ha gli stessi vizi e le stesse virtù dell’essere umano e attraverso di lui l’artista declina ogni sfumatura del reale, dimostrandosi peraltro eccellente pittore e abile grafico.

La provenienza di Ausgang è ormai nota e accettata nel mondo dell’arte, da quando anche la critica più seriosa e intransigente ha “sdoganato”, certificandone almeno l’esistenza, uno dei movimenti più attivi e vitali nell’ambito pittorico contemporaneo, ovvero il Pop Surrealism o Low Brow che dir si voglia. In un momento storico in cui la pittura sembra soccombere per autoasfissia da fondo bianco, tratto incerto e debole, storielline minimali prive di qualsiasi interesse, ci si è finalmente accorti che la rivitalizzazione di un linguaggio morto poteva avvenire solo grazie a un’ondata di energia proveniente da “artigiani” capaci e disinvolti. Poiché nel nostro presente la pittura equivale al ready made contemporaneo –a seconda di

dove la metti acquista valore indipendentemente dal reale peso dell’opera- ecco infine scoprire che né l’accademismo né la maniera delle gallerie dell’upper class potevano essere i luoghi dove andare a cercare qualcosa di veramente nuovo, trasgressivo e vitale.

Da quando Robert Williams, il “guru” di questo movimento di figurazione alternativa, è stato insignito del maggior riconoscimento che un artista americano può attendere, ovvero l’invito alla Biennale del Whitney, i suoi discepoli ed allievi, cresciuti sulle colonne di “Juxtapoz”, la rivista che più di ogni altra ha avuto il merito di puntare, fin dal lontano 1994, sulla scena alternativa degli streeters, dei writers, degli illustratori, dei fotografi, dei tattoo e dell’hardcore metal, sono diventati gli eroi autentici della nuova pittura, rompendo il muro che li vedeva confinati in un solo pubblico di adepti, uscendo dalla California per invadere l’Europa e, ora, finalmente, anche l’Italia. Ciò spiegherebbe il perché per la maggior parte dei protagonisti del Low Brow (o Pop Surrealismo) non si tratti di ragazzini alle prime armi né di trentenni in carriera, ma di solidi quaranta-cinquantenni che non hanno alcun timore nel mettere in piazza le loro passioni da adolescenti mai (o mal) cresciuti.

Torniamo però ad Ausgang, la cui popolarità è attualmente alle stelle anche per la collaborazione con la indie rock band di Brookyln, MGMT, che ha utilizzato un suo dipinto per illustrare la copertina dell’album “Congratulations”.  Tutta la poetica di Ausgang potrebbe riassumersi in tre sole parole: genere, stereotipo e parodia. Il primo termine, genere, stabilisce un raggio d’azione. Dopo secoli, la pittura finalmente non ha più nulla da inventare ma, al contrario può ampiamente attingere dal bacino del patrimonio storico per rovesciarne luoghi comuni e tipologie. Dal ritratto alla scena d’interno, dal paesaggio all’iconografia sacra: questo è il mondo da cui trae ispirazione a piene mani, e solo chi non ha occhi allenati, chi è vittima di uno sguardo superficiale, potrà rimproverare ad Ausgang di essere un eccellente cartoonist e non invece un artista complesso e colto, che si diverte a stravolgere i generi della pittura classica, a cominciare dal Manierismo italiano. Simbolo di questo amore per il nostro tardo Quattrocento-primo Cinquecento è la figura allungata, anamorfica, ingigantita, sospesa e galleggiante colta in pose innaturali, teatrali, artefatte e ritagliate proprio come accadeva nei dipinti di Pontormo, Rosso o Parmigianino. Oppure prendere il rococò francese di Chardin, i soffitti illusionisti di Tiepolo, l’arcadia di Poussin e frullare tutto questo con Disney, la psichedelia acida, le hot roads, il mondo surf, le pinup rilasciandone una miscela esplosiva e irresistibile.

Sullo stereotipo, peraltro, si fonda il successo della pittura classica epoca dopo epoca. L’iconografia dei santi, infatti, riporta modi di comportamenti, tratti somatici, abiti e accessori che rendono subito riconoscibile e familiare ciascun personaggio. I maestri della storia dell’arte erano innanzitutto chiamati a raccontare delle storie e l’abbandono da parte della pittura dell’elemento narrativo è forse la ragione più evidente del suo impoverimento, cosa che infatti non avviene in ambito Low Brow (o popsurrealista). Ausgang, d’altra parte, sottolinea l’evidente mancanza di tradizione dell’arte americana e ricorda che un tempo i migliori allievi delle accademie venivano mandati in tour in Europa per copiare i dipinti antichi e moderni, che poi i ricchi compatrioti avrebbero esposto nei saloni delle loro ville. In mancanza di un background storico, al contrario, l’arte negli Stati Uniti si basa sull’iterazione dello stereotipo. E’ stato così per l’Espressionismo Astratto, per la Pop Art e il Minimal: qualsiasi stile e tendenza, iterata all’inverosimile, finisce per perdere la forza simbolica del gesto unico e, paradossalmente, rafforzarsi proprio nella sua ripetizione.

Poiché il suo mondo non è popolato di uomini e donne, che avrebbero bisogno di un’interpretazione psicologica, ma soltanto di gatti, Ausgang si permette il lusso di rovesciare la storia in parodia. Diversi suoi dipinti, si tratti di dettagli o di interi frames, rivisitano momenti chiave dell’arte scivolando dal tragico al comico. Alcuni di questi sono molto famosi, come il gatto che scende le scale alias Duchamp, il dinamismo futurista o una sfrenata danza matissiana, altri vanno rintracciati in mezzo ai colori zuccherosi e artificiali delle sue pennellate.

La parodia esplode in particolare in quel ciclo di opere realizzato su quadri di scarso valore, copie o croste, comprati al mercato delle pulci o dai piccoli antiquari, simili per metodo agli “Overpainted Paintings” di Peter Schuyff. Andando a pescare il peggio del dilettantismo dei pittori della domenica, Ausgang si impossessa di quel mondo dove forse la pittura è ancora passione e non calcolo, inserendovi come elemento di disturbo e di caos i suoi famigerati gatti. Ecco che il Surrealismo Pop uccide l’ultimo retaggio di tradizione, sconvolge gli equilibri buttandoci dentro abbondanti dosi di sesso, paradosso, mercificazione e stupidità.

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