2 aprile – 30 aprile 2025
Opening: mercoledì 2 aprile ore 18
Cantàfora Reload e l’utopia razionalista di Columbus
a cura di Ivan Quaroni
In occasione della Art Week e della Design Week milanesi, la galleria di Antonio Colombo approfondisce il rapporto con l’artista milanese Arduino Cantàfora trasformando radicalmente gli allestimenti della precedente mostra, Anamnesi, in una nuova esposizione, intitolata Cantàfora Reload e l’utopia razionalista di Columbus, dedicata al confronto tra il linguaggio moderno degli arredi razionalisti prodotti negli anni Trenta, con il marchio Columbus, dalla Ditta A. L. Colombo di Milano e la grammatica postmoderna e citazionista della pittura Cantàfora. Unica eccezione è la sala d’ingresso della mostra, rimasta inalterata, in cui è possibile vedere per la prima volta insieme due opere storiche di grandi dimensioni, La città banale (1980) e Stanza di Città – Roma (1983), esposte rispettivamente alla Biennale di Architettura di Venezia del 1980 e alla Biennale d’Arte di Venezia del 1984.
L’idea di questa mostra, rinnovata nel concetto e nei contenuti, nasce dai curiosi destini incrociati di Arduino Cantàfora e Antonio Colombo. Il padre del pittore, Alfonso Cantàfora, è stato, infatti, per molti anni il direttore tecnico dell’azienda fondata dall’industriale milanese Angelo Luigi Colombo, padre del gallerista, che ne ha poi continuato l’attività fino al 2023. Da un lato, l’artista è cresciuto osservando i mobili Columbus, costruiti con tubi di acciaio senza saldatura, trafilati e curvati a freddo e poi cromati, perfetti esempi di una concezione razionale e avveniristica dell’arredamento d’interni; dall’altro, Antonio Colombo ha visto nascere e crescere il talento pittorico di Arduino Cantàfora, seguendone gli sviluppi e le evoluzioni nel corso del tempo e finendo per diventare suo gallerista.
Cantàfora Reload e l’utopia razionalista di Columbus è, dunque, una mostra che muove dalle vicende biografiche dei due protagonisti, per avviare un confronto tra due concezioni estetiche apparentemente opposte – quelle del Modernismo e del Postmodernismo – che trovano un punto d’incontro nella sottile trama di analogie e corrispondenze che legano la pittura di Cantàfora al rigoroso design dei mobili Columbus.
Tra i mobili Columbus prodotti negli anni Trenta, sono stati selezionati per questa mostra alcuni oggetti di grande valore storico, come, ad esempio, il tavolino tondo e la sedia a sbalzo esposti per la prima volta nel 1933 al Padiglione Futurista della V Triennale delle Arti Decorative e Industriali moderne, la prima tenutasi a Milano nel palazzo costruito da Giovanni Muzio. Gli oggetti prodotti dalla Ditta A. L. Colombo, con il loro design ultramoderno, facevano parte degli arredi della sala d’attesa di una Stazione per aeroporto civile progettata da Enrico Prampolini e costruita nel Parco Sempione.
Molto importante è anche lo sgabello a sbalzo esposto, sempre alla V Triennale, all’interno della Casa sul lago per l’artista progettata dal Gruppo di Architetti e Ingegneri Comaschi, rappresentanti di punta del Razionalismo lariano. In mostra è presente anche il prototipo di una poltrona di Pietro Bottoni, esposta nella Sala di attesa per un medico, alla VI Triennale del 1936. Si tratta di una “Poltrona da grande riposo” con innovativa sospensione elastica a telaio incrociato.
Nella pittura di Cantàfora l’esattezza e la razionalità che contraddistinguono le produzioni Columbus si ritrovano nel modo in cui le visioni architettoniche e urbane obbediscono al rigore della geometria descrittiva, tra scorci prospettici e proiezioni assonometriche che l’artista immerge nel lirismo dei ricordi.
Le nuove opere esposte in questa mostra sono, infatti, riletture e reinterpretazioni recenti di iconografie dipinte da Cantàfora tra gli anni Settanta e Ottanta. Sono quasi dei D’apres alla maniera del Giorgio De Chirico autocitazionista, reminiscenze che l’artista inscrive in sfondi astratti di sapore vagamente neoplastico, quasi si trattasse di immagini incorniciate, istantanee di un futuro anteriore o, meglio, ipotesi di un passato continuamente attualizzato nelle forme di imponenti prospetti urbanistici e monumentali interni architettonici, scanditi da precise scansioni chiaroscurali.
In mostra ci saranno anche le prospettive parallele dai titoli enigmatici, tratti dalla Tempesta shakespeariana, che diverranno fonte di ispirazione dei capoversi dei racconti contenuti nel volume pubblicato da Einaudi nel 1988 “Quindici stanze per una casa”.
Biografie
Arduino Cantàfora
Arduino Cantàfora nasce a Milano nel 1945. Già giovanissimo nutre la curiosità per le forme organiche, l’anatomia e l’entomologia, passioni rimaste vive anche durante i suoi studi di architettura. Scopre molto presto il linguaggio del disegno, che diventa il suo strumento privilegiato di appropriazione delle forme. Il pittore esordisce affrontando la spinosa sfida tecnica della pittura a olio e diventando copista di Caravaggio. Da quel momento in avanti il piacere tecnico e artigianale della pittura non lo abbandonerà più.
Durante gli studi di architettura al Politecnico di Milano, perfeziona la rappresentazione pittorica dell’architettura della città storica. Le sue interpretazioni sono tutte giocate su ombre e luci, in un’ispirazione fedelmente caravaggesca. Le competenze che matura in questi anni gli saranno preziose durante la collaborazione con l’architetto Aldo Rossi (1973-1978), ma influenzeranno anche la sua futura produzione, dominata dalla traduzione dell’architettura in pittura. Nel 1973, Cantàfora espone alla Triennale di Milano “La Città analoga”, attualmente di proprietà del Museo del Novecento del capoluogo lombardo. Questo dipinto di grandi dimensioni diventa il manifesto de La Tendenza, un movimento architettonico che reintegra elementi del razionalismo europeo del XX secolo ponendo la storia dei luoghi al centro del progetto. La Tendenza sarà oggetto di una retrospettiva al Centre Pompidou di Parigi nel 2012. Cantàfora partecipa di nuovo alla Triennale di Milano nel 1981 e 1988. A Venezia, alla Biennale di Architettura, nel 1978 e 1980 e nel 1984 alla Biennale d’Arte. Tra il 1985 e il 1986 è a Berlino, su invito del Deutscher Akademischer Austauschdienst (DAAD). La città gli ispira una serie di dipinti che saranno esposti al museo Martin-Gropius-Bau proprio a Berlino. Le due grandi tele, “Das andere Berlin, 1984” saranno acquisite, nel 2006, dal Museo Nazionale d’Arte Moderna (MNAM) al Centre Georges Pompidou di Parigi. I due dipinti sono parte delle 89 opere di Cantàfora in possesso del museo parigino. Nel corso degli anni ’90, il pittore concepisce diverse scenografie per la Scala di Milano e per altri prestigiosi palcoscenici come quello del Festival di Aix en Provence. Il suo lavoro di scenografo gli vale il secondo posto al Premio Ubu, il più importante riconoscimento teatrale italiano. Tra il 2022 e il 2023, è invitato a due importanti mostre pubbliche: “Architectures impossibles” al Musée des Beaux-arts di Nancy e “Un tiempo propio” al Centre Pompidou di Malaga, dove sono esposte due grandi tele berlinesi della collezione del Centro Pompidou di Parigi.
Arduino Cantàfora è stato professore di architettura all’Università di Venezia (IUAV) dal 1982 al 1986, all’Accademia di Architettura di Mendrisio (AAM) dal 1998 al 2011 e “visiting professor” alla Yale University nel 1988. Nel 1989 è stato nominato professore ordinario presso l’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), dove ha diretto la cattedra di espressione visiva. Dal 2011 è professore onorario all’EPFL. È autore di diverse pubblicazioni sull’architettura e sulla didattica, oltre a diversi racconti pubblicati da Einaudi.
Mobili Columbus
La produzione dei mobili in tubo metallico viene avviata dall’azienda A.L. Colombo di Milano nel 1933 e si conclude nel dopoguerra. Tutto incomincia quando viene acquisita la licenza esclusiva per la produzione in Italia dei mobili metallici dell’azienda zurighese Wohnbedarf, che aveva sviluppato modelli con molti architetti, tra cui Alvar Aalto, Sigfried Giedion, Werner Moser, Alfred Roth o Flora Steiger, ma soprattutto con Marcel Breuer che dalla metà degli anni Venti aveva progettato all’interno del Bauhaus con il tubolare d’acciaio.
Columbus realizza, su licenza, mobili “originali” con la competenza specialistica e di qualità nella lavorazione del tubo d’acciaio ma anche della sua curvatura, esito di un processo assieme meccanico e di perizia esecutiva manuale. Non è dunque un caso che l’architetto Giuseppe Terragni – e prima di lui Giuseppe Pagano, fra l’altro per il design di un diffusissimo portaombrelli – si rivolgesse proprio a Columbus per gli arredi in tubo metallico degli edifici comaschi della seconda metà degli anni Trenta, come la Casa del Fascio o l’asilo Sant’Elia. Poltrona e sedia, con il caratteristico sbalzo elastico, adottate in entrambe le architetture, vennero prodotte in piccole serie “industriali”.
Fra i progettisti italiani, un’altra collaborazione prestigiosa di Columbus è stata con Piero Bottoni, in occasione della VI Triennale di Milano del 1936, dove per la Sala d’attesa per lo studio di un medico vengono sperimentate diverse soluzioni per poltrone basate su un originale incrocio elastico.
Quella di Columbus è una vicenda importante per la storia del design italiano, che è stato possibile salvaguardare e ricostruire grazie alla meritoria volontà di Antonio Colombo, figlio di Angelo Luigi, che ha voluto costituire l’Archivio Columbus, incentivando studi, pubblicazioni (il volume Flessibili splendori. Il mobile in tubolare metallico. Il caso Columbus, Electa, 1998), iniziative e mostre, come quelle che si sono svolte nel 2019, anno in cui ricorreva il centenario di fondazione dell’azienda paterna.
L’Archivio Columbus rappresenta un unicum a livello internazionale di un patrimonio salvaguardato nel tempo, costituito da centinaia di arredi originali, progetti e disegni, cataloghi e pubblicità propri e della concorrenza, stampi in legno per la produzione e documenti. Un antesignano archivio d’impresa, attivo dalla metà degli anni Novanta, che ben testimonia la dimensione caratteristica dell’imprenditoria avanzata in Italia, unione di capacità di ricerca e innovazione, dialogo con il progetto e un’appropriata e visionaria dimensione culturale.