Silvia Argiolas, Non Sente, 2011, Olio Su Tela, 50×60 Cm

20.04 – 13.05.2011

SILVIA ARGIOLAS  ELENA RAPA – Season of the Witch

a cura di Roberto Fantoni

Quando guardo dalla mia finestra quante cose da vedere! E se ci guardo dentro quante persone diverse.
Quando guardo alle spalle cosa credi che veda? Un vecchio gatto che si guarda alle spalle e vede me
Donovan Leitch,  1966

Antonio Colombo presenta in galleria una mostra di Silvia Argiolas ed Elena Rapa, dopo il successo, lo scorso autunno, delle due rispettive mostre personali in Little Circus.
Curata dall’amico Roberto Fantoni, profondo conoscitore delle cose dell’arte, della letteratura, del rock e delle controculture nonché fiancheggiatore e ispiratore di una tribù di giovani artisti vicini alla galleria. La mostra prende il titolo dalla famosa canzone di Donovan Season of The Witch, pezzo “culto” acido ed ipnotico dal fascino intramontabile.
Quale misterioso filo conduttore lega titolo, musica, testo a queste giovani artiste? Probabilmente l’abile capacità di fare viaggiare la mente, fuori e dentro se stesse, compiendo esplorazioni ardite e spericolate pur restando fisicamente immobili. Probabilmente il sapere guardare e vedere l’oltre, l’aldilà, il nascosto, il celato, l’anima, lo spirito. Oppure è una semplice associazione d’idee, di emozioni che crea un’alchimia in grado di liberare l’immaginazione ed espandere la mente. Il mondo di Elena Rapa esplode in una rappresentazione fantastica, quello di Silvia Argiolas implode nella sua drammatica interiorità.  Lo sguardo di Elena Rapa è quello di un Pinocchio allucinato vagante malinconico in un paese dei balocchi contemporaneo e notturno, popolato da animali e vegetali antropomorfi e mutanti che si confronta con l’arte simbolica ed espressiva dal sapore arcaico di Silvia Argiolas da cui emerge uno strano mondo onirico in cui la serenità sembra negata ed i  soggetti, come anime dolenti, dialogano con gli elementi primordiali alla ricerca del loro equilibrio instabile.

Silvia Argiolas è nata a Cagliari nel 1977. Vive e lavora a Milano.
Principali mostre personali: Rainbow Wrong, Fondazione Durini, Milano, a cura di S. Fabbri, I and I, Antonio Colombo Arte Contemporanea (Little Circus), Milano, a cura di M.C. Valacchi, 2009 Magica Arborea, Galleria Tubegallery, Milano, a cura di I. Quaroni. 2007 Lullaby, Galleria Capsula, Roma, a cura di S. Elena e E. Olmetto. 2006 Seed, Galleria Studio 20, Cagliari, a cura di R. Vanali.
Principali mostre collettive: 2010 Christmas Rodeo, Antonio Colombo Arte Contemporanea, Milano, a cura di A. Colombo; Forward_Rewind, Antonio Colombo Arte Contemporanea, Milano; 2009 Biennale giovani Monza 09, Serrone della Villa Reale. (Monza), a cura di I. Quaroni; Overture, Galleria San Salvatore, Modena, a cura di I. Quaroni. 2008 Whaleless, Strychnin Gallery, Londra, a cura di G. Cervi e Res-Pira; Allarmi 2008, Caserma De Cristoforis, Como, a cura di I. Quaroni, A. Zanchetta e A. Trabucco. 2007 Creepy, Galleria K-Gallery (MI), a cura di I. Quaroni; Fiabe crudeli, Museo Man, Nuoro, a cura di R. Vanali. 2006 Finalista Premio Celeste. 2005 Man Ray 1995-2005, Centro Culturale Man Ray, Cagliari, a cura di M. Cosseddu.

Elena Rapa è nata a Fano nel 1978. Vive e lavora a Lucrezia di Cartoceto (Pu).
Principali mostre personali: 2010 Al fuoco al fuoco, Antonio Colombo Arte Contemporanea (Little Circus), Milano; Cime di Rapa – Illustrazioni biologicamente selezionate, Teatro Puccini, Firenze. 2009 Teste di Rapa, Ortobotanix, Bassano del Grappa (VI), a cura di M. P. Pace; Graffa Fanzine, doppia personale con Laura giardino, Piscina Comunale, Milano; Lucilla’s Corner, Galleria Mega+Mega, Arezzo, a cura di M. Puleo; Overture, doppia personale con Giorgio Rubbio, Galleria SanSalvatore, Modena, testo critico di A. Zanchetta. 2007 Chambres Noires, Rocca di Sassocorvaro (PU), testo critico di A. Flevin. 2005 La morte di Mr. Coniglio, Barcode, San Benedetto del Tronto (AP), a cura di Maicol e Mirco.
Principali mostre collettive: 2010 Christmas Rodeo, Antonio Colombo Arte Contemporanea, Milano, a cura di A. Colombo; Infart 2010 – Hello Nasty! Indoor exhibition, Castello degli Ezzelini, Bassano del Grappa; Art Shake festival, a cura di E. DeNotaris, MondoBizzarro, Roma; Forward-Rewind, Galleria Antonio Colombo Arte Contemporanea, Milano. 2009 Collettiva finale-Circuito Giovani” SPAC Pesaro, Pescheria, Pesaro; Focus Italy – Italian Newbrow, a cura di I. Quaroni; Biennale di Praga, Praga; Godart, Museo Laboratorio di Citta Sant’Angelo (PE), a cura di E. de Leonibus; Segni De Andrè, Museo di Santa Chiara, Cosenza, a cura di V. Mollica. 2008 Inside Nostalghia, by DCG and Jonathan LeVine Gallery, Dorothy Circus, Roma; Pinta! Paint on fishing boat, all’interno dell’evento Pop-Up, Molo Mandracchio, Ancona, a cura di MAC; Allarmi, Caserma de Cristoforis, Comom, a cura di I. Quaroni, A. Zanchetta e V. Trabucco; Magdaleine, AndreaArte, Vicenza, a cura di A. Zanchetta; Overview, Circolo Culturale e Comunale Fatebenefratelli di Valmadera (Lecco), a cura di I. Quaroni. 2007 Lilliput,con Vanni Cuoghi ed Enzo Forese, Galleria Little Italy, Milano, a cura di I. Quaroni; Arte italiana 1968-2007, Palazzo Reale, Milano, a cura di V. Sgarbi; Dopamine, Studio Cannaviello, Milano, a cura di I. Quaroni.

IT’S ALL RIGHT MA, IT’S ONLY WITCHCRAFT

di Matteo Guarnaccia

Estraggono da per tutto filtri, cercano l’antipate,
rotelle, unghie, bende, radichette,
erbe, sorcoli, lucertole adescatrici a due code,
dolcezze di annitrenti cavalle.
Levio

Una volta mollate le cime del sogno, non tutto fila liscio. Anche, e soprattutto, quando si sogna a occhi aperti e pupille dilatate. La candida tela della vela, diventa la tela del quadro e poi si trasforma nella tela vischiosa del ragno. Può accadere che la si ritrovi infestata da inquiete e ingombranti emanazioni della psiche, abitata da colonie di inquilini cromaticamente sospetti e di dubbia provenienza.
Quando meno te lo aspetti, lo scafo del razionale si ribalta e l’oscura marea nera dell’inconscio può risucchiare ogni cosa. Intanto risuonano nell’aria, con allarmante accento germanico, le parole del dottor Freud che, come una qualunque mamma ansiosa, sgrida il piccolo Jung che prova mucho gusto a sguazzare dentro quel liquido, tutto vestito, e senza neanche attendere le canoniche quattro ore di digestione. L’apnea onirica, può durare il tempo di un sonnellino, o essere scientemente protratta a piacere da professionisti del ramo, come nel caso di queste due vivaci signorine italiane di provincia, Silvia Argiolas ed Elena Rapa.
Attraverso di loro, la casalinga di Voghera dimostra di avere ancora  molti segreti da raccontarci. Il più sorprendente è che oltre mezzo secolo di acculturazione forzata, operata a dosi massicce dall’immaginario alieno (nippoamericano), può evaporare come una goccia d’acqua sulla lava del possente respiro della Grande Madre Mediterranea, quando questo torna a soffiare. L’occupazione non è stata, ancora, completata. Incastrate, tra Facebook, Photoshop, manga, Hollywood, tv commerciali, trend, fumetti, pop music, rimangono ben pasciute ombre ancestrali, spiriti e forme indefiniti, deformi, informi (e mai conformi) partoriti dalle nostre parti da culture agricole-pastorali, nonché cacciatrici. Mantengono intatte la strafottenza e la rusticità che possedevano prima che si tramutassero in eleganti divinità. Resistono fieramente e reclamano attenzione. Odor di zolfo e aglio, pummarola e letame, erba bagnata e catarro, morbida argilla e cera d’api, rosa canina e agnello alla brace, boli pelosi e vento marino, ginepro e raglio d’asino (magari d’oro!). È una pittura piccante a kilometri zero, cucinata nel tinello di casa, tra specialità officinali, ingredienti scaduti e sicuramente non in regola con le norme comunitarie, varie paraphernalia da mercato delle pulci radioattivo, animali pelosi non propriamente domestici, incroci tra bestiari ed erbari, che scorazzano in giro. A differenza delle loro pavide coetanee, irretite dalla faciloneria pop, dall’appeal zuccherino e dal neon fucsiato, Silvia Argiolas ed Elena Rapa, mantengono, con coraggiosa incoscienza, una stretta frequentazione con questo mondo atavico per stomaci e menti robuste. Percorrono in lungo e largo un ambiente febbricitante e panico che se la prende comoda, in fase di lenta gestazione, ospita presenze non ancora compiutamente umane, embrioni agé e sovrappeso, feti raggrinziti e dentati, larve e vegetali compromessi, vesciche smisurate e dolenti, fosche evocazioni uterine, lemuri tristanzuoli, buffi minorenni curiosi e afflitti da ipertricotismo, materiali organici su cui è meglio non indagare troppo, organismi mentalmente instabili e incontinenti, che vomitano come curanderos sudamericani, sanguinano come e più dei santi cristiani nelle sacrestie barocche. E, inoltre, particolare non trascurabile, come dimostrano ecchimosi e dermatiti varie, sono pronti ad attaccar briga tra di loro appena volgiamo lo sguardo altrove. Tutti hanno falle, pertugi, strappi, ferite, fori, ulcere da cui fuoriescono – senza possibilità di recupero – flutti di dolori o riserve energetiche sconosciute. È un mondo che incoraggia lo spreco, la sovrabbondanza bulimica, gli esperimenti insensati, le ricette irrealizzabili, le botte da orbi e da cui si esce (quando è il caso) intontiti e pesti.
Le opere di queste dosinnine che mantengono il fuoco acceso sotto il calderone, spignattando come levatrici, lamentando teatralmente come prefiche, non sono melanconici sushi, ma spettacolari trippe fumanti da cui trarre auspici. E tanto per fare compagnia a Donovan, suggerisco qualche strofa dei Fairport Convention, scritta nello stesso periodo di “Season of the Witch”, da canticchiare durante la visione: “Sunny on the outside, stormy on the inside, stormy weather’s always best for making hay”.

SEASON OF THE WITCH

di Roberto Fantoni

“Quando guardo dalla mia finestra quante cose da vedere! E se ci guardo dentro quante persone diverse. Quando guardo alle spalle cosa credi che veda? Un vecchio gatto che si guarda alle spalle e vede me” . Nel 1966, all’alba dell’era psichedelica, vide la luce l’album “Sunshine superman” di Donovan che conteneva questo pezzo acido ed ipnotico che affascinò e continuerà ad affascinare, nel corso del tempo, un gran numero di musicisti, che  ne hanno riproposto molteplici versioni, quasi fosse una sorta di re-interpretazione/re-citazione rituale di un magico mantra lisergico.

Quale misterioso filo conduttore lega titolo, musica, testo a queste giovani artiste? Probabilmente l’abile capacità di fare viaggiare la mente, fuori e dentro se stesse, compiendo esplorazioni ardite e spericolate pur restando fisicamente immobili. Probabilmente il sapere guardare e vedere l’oltre, l’aldilà, il nascosto, il celato, l’anima, lo spirito. Oppure è una semplice associazione d’idee, di emozioni che crea un’alchimia in grado di liberare l’immaginazione ed espandere la mente. Il mondo di Elena “esplode” in una rappresentazione fantastica, quello di Silvia “implode” nella sua drammatica interiorità.

Che cos’è la stagione della strega? E’  passata, la stiamo vivendo o deve arrivare? Senz’altro Elena e Silvia sono (già) immerse in questa condizione fantastica ed al contempo apocalittica, sono delle anticipatrici, corrono oltre il nostro sguardo, sono ipersensoriali, ergo, sono delle giovani “streghe” in grado di metterci in contatto con realtà misteriose. Sono due donne che si guardano alle spalle e si accorgono di guardarsi dentro, quindi partecipano al rito unendo e contrapponendo le loro due personalità in una sorta di entropia mentale e creativa.

SILVIA ARGIOLAS è una donna che “corre coi lupi” un pò Circe un pò Medea, le sue doti sensitive si traducono in una forma d’arte dal sapore arcaico, rupestre, mediterraneo. I suoi soggetti come anime dolenti dialogano con gli elementi primordiali: terra, cielo, acqua, fuoco. E’ la rappresentazione di una natura teratogena ed inquietante, una natura che vorresti amica e consolatoria ed invece ti si rivela nemica e matrigna, una condizione in cui l’amore e la riproduzione sono in stato di perenne sospensione ed attesa e che al massimo culmina in strane forme d’ibridazione sterile, abortita, avvizzita, che cerca disperato nutrimento da un humus paludoso e fagocitante. Il tratto simbolico ed espressivo di Silvia è netto e profondo quanto una dolorosa scarnificazione che s’immerge e/o fluttua nel colore. E’ uno strano mondo onirico, in cui la serenità sembra negata ed il cui prodotto è un equilibrio instabile.

ELENA RAPA  il suo è un mondo fatto di fiaba, film, fumetti, web, folklore, musica, libri, bestiari, erbari e vari cibi per la mente. Il mix di questi ingredienti unito alle diverse tecniche adottate fornisce dei risultati poliedrici, sempre inaspettati e nuovi. Il suo è un Pop surrealismo “oscuro” che mantiene un forte legame con la tradizione della migliore fiaba italiana, il suo è lo sguardo di un Pinocchio allucinato che vaga in un paese dei balocchi notturno e contemporaneo popolato da animali e vegetali antropomorfi e mutanti. Su tutto e tutti aleggia una gioia od una  tristezza da piccolo circo di periferia.

Silvia ed Elena rifuggono dal bello apparente, convenzionale e conformista ma cercano la loro dimensione estetica dove altri, per timore, non osano inoltrarsi cercando di dare nuova vita a tutto ciò che apparentemente è difforme, sgradevole e scomodo, ricombinando un mondo “diverso” anche per noi. Apriamo le finestre e prepariamoci al “volo magico”.

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